PANNELLO N° 16
Le vie del sale
La guerra creò grossi problemi nell’approvvigionamento delle materie prime; in particolare dopo l’8 settembre 1943, molti generi alimentari vennero a mancare e, con il passare dei mesi, la situazione si fece insostenibile soprattutto in alcune zone come Carrara e Massa, dove non esisteva una produzione locale sufficiente a soddisfare le necessità di migliaia di persone: la popolazione soffriva letteralmente la fame.
Per questo le donne, per le quali era più facile muoversi nel territorio, si attivarono per procurarsi il cibo dove questo era disponibile e la pianura padana, con la sua produzione di grano, costituiva un luogo di possibile approvvigionamento.
Poiché le risorse economiche erano limitate, le donne ricorrevano al baratto: così in cambio di generi alimentari offrivano pezzi della biancheria del loro corredo. Esaurito questo iniziavano a portare il sale, un genere indispensabile in cucina e per la conservazione degli alimenti, non facile da procurarsi lontano dal mare; questo divenne “moneta” per acquistare il grano dell’Emilia.
Per ricavare il sale dall’acqua di mare, venivano accesi dei grandi fuochi sulla spiaggia, in luoghi un po’ appartati per sfuggire al controllo nazifascista, utilizzando legna raccolta nelle pinete; l’acqua veniva fatta bollire dentro paioli o grosse pentole dove, una volta conclusa l’evaporazione, le donne riuscivano a ricavare qualche pugno di sale. Poi a piccoli gruppi risalivano a piedi le montagne, con zaini o carretti.
I percorsi che seguivano erano soprattutto tre: uno risaliva la valle del Magra fino a Pontremoli da dove attraverso il passo della Cisa scendevano a Fornovo e a Parma; il secondo raggiungeva l’area reggiana da Fivizzano attraverso il passo del Cerreto; il terzo arrivava in Emilia da Massa, attraverso la Via Vandelli, un’antica strada costruita nel Settecento per collegare il Ducato di Modena con quello di Massa. Questa sale rapidamente fino ai 1634 metri del Passo della Tambura poi scende verso la Garfagnana da dove, attraverso il Passo di San Pellegrino in Alpe, si può giungere a Modena.
A volte le donne si fermavano in Garfagnana, dove trovavano prevalentemente farina di castagne, altre volte si spingevano fino al più lontano modenese.
I tre citati, ma anche altri, erano itinerari lunghi, che richiedevano varie giornate di cammino e non privi di pericoli per le difficoltà frapposte da sentieri che hanno visto donne morire sulle Apuane, sopraffatte da improvvise bufere di neve o precipitate in qualche burrone.
Ma forti erano anche i rischi per la presenza di truppe nazifasciste o per mitragliamenti e bombardamenti alleati. Si ricorda, ad esempio, il tragico destino delle due donne carraresi che stavano transitando per Aulla e morte nel corso del bombardamento del 28 dicembre 1944. C’era poi il rischio che, durante il ritorno, qualche malintenzionato si appropriasse del frutto delle loro fatiche o che venisse loro requisito quel piccolo sacco di grano o di farina che con tante difficoltà erano riuscite a procurarsi.
A Pontremoli i più anziani ricordano ancora il passaggio di queste donne ed un monumento a memoria del loro sacrificio, del loro coraggioso contributo alla sopravvivenza, è stato innalzato a Mignegno, ai piedi della salita verso la Cisa che ha visto le fatiche di tante di loro.