PANNELLO N° 1
Venti mesi per la Libertà
Apuania: così, nel 1938, il Fascismo aveva ribattezzato la provincia di Massa Carrara, dal passo della Cisa al Cinquale. E fino al marzo 1946 “Apuania” è stata anche la denominazione assegnata dal regime al comune unico nel quale aveva unificato Carrara, Massa e Montignoso, raggruppando circa 105.000 abitanti. L’entrata in guerra dell’Italia aveva aggravato una crisi nella quale il territorio si dibatteva da anni.
L’armistizio dell’8 settembre 1943 aveva suscitato qui come altrove speranze di pace ben presto deluse, e anzi proprio qui si organizzarono le prime forme di resistenza spontanea contro i nazifascisti. Una lotta che sarebbe durata a lungo, molto di più che nella maggior parte dei territori italiani. Così nell’estate 1944, mentre quasi tutta l’Italia centrale era libera, Toscana compresa, la nostra area compresa tra l’Appennino settentrionale e le Alpi Apuane era ancora saldamente nelle mani dell’esercito tedesco e delle milizie fasciste.
Furono quelli i mesi più lunghi di tutto il conflitto: i giorni delle stragi, dei bombardamenti, degli scontri, delle file di donne in marcia per cercare farina oltre Appennino. Venti mesi terribili, qui come in Garfagnana, nelle montagne della Versilia, nel versante emiliano dell’Appennino: sono le retrovie della Linea Gotica; una nuova linea del fronte pensata dal feldmaresciallo Kesserling per rallentare gli Alleati dopo lo sfondamento della Linea Gustav nel maggio del 1944. Dal Cinquale di Montignoso sulla costa tirrenica fino a Pesaro su quella adriatica: 300 chilometri di zone montuose, spesso impervie, segnate da trincee e fortificazioni, con pochi passaggi obbligati, ma anche strade di collegamento con il nord, vitali per l’esercito tedesco. Retrovie con centinaia di paesi e città come Carrara e Massa: popolazioni che vivono nel pericolo e nel terrore.
Ma anche un territorio che “all’inizio dell’oppressione nazi-fascista sprigionò la scintilla che infiammò i suoi figli alla Resistenza” come si legge nella motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare assegnata il 14 giugno 1947 – prima fra tutte – ad una provincia, la nostra, che aveva messo in luce la forza e l’eroismo delle popolazioni e dei partigiani. Innumerevoli i fatti, i protagonisti, i martiri di quei mesi; dall’esempio di Carrara che rifiuta l’ordine tedesco di sfollamento alla Resistenza sulle Apuane e sull’Appennino. Migliaia di uomini e di donne che scelsero la via più difficile: disobbedire all’ordine di arruolarsi nella RSI per disertare, organizzare le prime bande, portare avanti la propaganda clandestina, sostenere la lotta armata fino a scegliere – e sono stati tanti – di morire per salvare i propri compagni. Le formazioni partigiane giocano ovunque un ruolo determinante; sulle Apuane massesi riescono persino a tenere aperto un passaggio attraverso il fronte, la Via della Libertà.
Per scendere in strada a far festa si deve aspettare a lungo, in una lotta quotidiana per la sopravvivenza. Perché, come avrà modo di dire Piero Calamandrei nel 1954, nel decimo anniversario della strage del Frigido, “qui gli eroismi e i sacrifici non furono soltanto dei partigiani in armi, ma di tutta la popolazione civile, rinserrata tra le linee di combattimento, come in un immenso campo di concentramento, tra le mine e le cannonate, nella desolata terra di nessuno”.